In un futuro Hi-Tech, quasi attuale, nel vortice dei continui cambiamenti degli equilibri eco-politici internazionali, la piccola Svizzera (Helvetia) nello sforzo di restare a galla, avanza a tentoni sul proprio sentiero e rinuncia a buona parte della sua neutralità. Confrontata con l'erosione sociale alimentata proprio da chi ha trovato in essa il benessere, legata al guinzaglio di una "Intellighenzia" autolesionista, prova ad aggrapparsi ai fuscelli offerti dai voraci potenti che l'assediano, pronti a fagocitarla. Piange su se stessa e rischia di annegare in un mare di lacrime di benpensanti e nel diluvio di massa. Megapolys vuole essere il "J'accuse" di uno, l'autore, che ha trovato rispetto e lavoro sotto il vessilo rosso crociato e osa presentare un immaginario nuovo ruolo nel futuro del paese, attraverso il processo cruento, radicato nel giornaliero della storia dei personaggi descritti. Processo che ormai scorre anonimo e ci lascia indifferenti perché inflazionato. Il romanzo inizia con l'incontro casuale con una donna. Imbattersi in donne che cambiano il corso della vita degli uomini, capita spesso. Capiterà anche nella città più ricca e popolosa dell'enclave incastrata, come già detto, tra realtà geo-politiche ingorde pronte a dilaniarla. Si dipana poi nella descrizione di un evento che, con il suo obolo di sangue, raffforza la presa di coscienza, rintuzza gli attacchi e, conglobando risorse, dà vita a MegaPolys, centro di ricerche universale, enclave nell’enclave, riscattandosi dalla crisi d’identità con cui il paese era confrontato. Nel nuovo contesto HiTech, ammirato e invidiato, l'incontro occasionale con una bellezza sconvolgente durante un controllo di routine, catapulta Peter, giovane poliziotto, in un mondo dove marchi istituzionali, osannati da frange locali pseudo-sociali, falliti i tentativi di vassallaggio, si adoperano nell'ombra ad appropriarsi di conoscenze e risorse, e il crimine è di casa.